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Aaron Pettinari, caporedattore di ANTIMAFIADuemila, ha ricordato i fatti mai chiariti sulla latitanza del boss stragista

Matteo Messina Denaro, l’ultimo dei corleonesi”: questo è il titolo della puntata che Radio Sankara ha trasmesso martedì scorso per ricostruire la vita, ma soprattutto i segreti, che il boss stragista di Cosa nostra ha portato con sé nella tomba di famiglia, dopo una latitanza durata circa trent’anni. Una notizia che ha fatto il giro del mondo: Stati Uniti, Europa, finanche il Sudamerica; perché il boss di Castelvetrano, oltre ad aver ucciso tante persone da “riuscire a riempire un cimitero”, come lui stesso si è vantato di dire, resta uno dei principali protagonisti dell’attacco che Cosa nostra ha scagliato contro lo Stato italiano con la stagione delle stragi 1992 - ’94. Per molti, la morte del boss rappresenta anche la fine di un’epoca che si è conclusa con una latitanza, quella di Messina Denaro, durata quasi tre decenni grazie a coperture di altissimo livello; non a caso, in molti hanno parlato di ‘latitanza di Stato’. Resta il fatto che, quando si parla di Matteo Messina Denaro, è impossibile non parlare anche di trattativa Stato-mafia, servizi segreti deviati e delle complicità di associazioni segrete di altissimo rilievo. Difatti, è proprio di questo che si è parlato durante la puntata di Radio Sankara attraverso l’intervento del caporedattore di ANTIMAFIADuemila, Aaron Pettinari. “Messina Denaro, insieme a Giuseppe Graviano, è uno dei protagonisti di quella terribile stagione fatta di stragi iniziate nel ‘92. Basti pensare che nel dicembre del 1992, Riina, prima del suo arresto, parlando con Giovanni Brusca, avrebbe detto: ‘Tranquillo, se mi arrestano i picciotti sanno tutto’. I picciotti - ha spiegato Pettinari - erano due: Messina Denaro e Giuseppe Graviano”. Inoltre, sempre Messina Denaro avrebbe indicato “i luoghi dove piazzare le bombe nel 1993”, colpendo monumenti e uccidendo persone a Milano e Firenze. “Oggi - ha proseguito - non abbiamo ancora capito chi ha suggerito a Cosa nostra di colpire in via dei Georgofili a Firenze, nei pressi della storica Galleria degli Uffizi, il Padiglione di arte contemporanea a Milano, oppure le Chiese di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro a Roma. Insomma, un cambio di strategia netto rispetto agli attentati precedenti”. Un altro segreto che il boss stragista appena morto avrebbe potuto dirci è: “Chi gli ha detto che doveva essere ucciso, non negli anni ‘90, ma nel 2014, un magistrato come Nino Di Matteo? I collaboratori di giustizia hanno spiegato che nel 2012, durante il processo relativo alla trattativa Stato-mafia, Messina Denaro ha inviato una lettera con la quale ha spiegato di aver ricevuto la richiesta di ‘eliminare’ il magistrato Di Matteo, dal momento che si era spinto troppo oltre”; informazioni fondamentali, che il boss stragista avrebbe potuto raccontare se solo avesse deciso di collaborare con la giustizia prima di morire.

Questo e molto altro nelle dichiarazioni che Aaron Pettinari ha condiviso durante la trasmissione di Radio Sankara. Una puntata interamente dedicata ai segreti che hanno caratterizzato la figura di Matteo Messina Denaro, la cui morte potrebbe non aver indebolito la strategia criminale e stragista in seno alla mafia. D’altronde, la dipartita di Messina Denaro non implica la fine del progetto di morte ideato contro il sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo.

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Di Saverio Lodato
   

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