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È morto a Palermo il boss di corso dei Mille Pietro Vernengo, inteso u’ Tistuni, il Testone: aveva 81 anni, era malato da tempo e stava in una residenza per anziani a causa delle sue condizioni fisiche precarie. La sua fuga in pigiama, il 15 ottobre del 1991, fece quasi cadere il governo Andreotti e scatenò polemiche interminabili sui boss che stavano fuori dalle carceri, comodi e senza problemi. Vernengo era agli arresti ospedalieri all'oncologico Maurizio Ascoli, ma non lo sorvegliava nessuno e se ne andò indisturbato. Venne catturato alcuni mesi dopo, latitante a casa sua, con la moglie nella zona di Ponte Ammiraglio, il rione di cui era originario. In precedenza, imputato al maxiprocesso, dove rispondeva di un centinaio di omicidi, aveva avuto l'ergastolo solo per uno, quello di Vito Rugnetta, un fedelissimo del superkiller - poi pentito - Totuccio Contorno, che si rifiutò di tradire l'amico e venne torturato e ucciso. La madre della vittima, coraggiosamente, si era presentata nell'aula bunker del carcere Ucciardone con la foto del figlio e chiese giustizia per lui, ottenendola. La fuga di Vernengo, in un periodo in cui le latitanze - più o meno dorate - di Cosa nostra erano tantissime, fu un colpo durissimo per la credibilità dello Stato: meno di due mesi prima, il 29 agosto 1991, era stato ucciso l'imprenditore-coraggio Libero Grassi e le circostanze in cui si era allontanato Vernengo portarono il governo e l'allora guardasigilli Claudio Martelli a una stretta molto pesante, con la revoca di ricoveri facili e arresti in ospedale a capimafia pericolosissimi, che fino a quel momento ne avevano goduto.

Fonte: Agi

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