L’accusa è di riciclaggio. A incastrarlo un appunto scoperto nella macchina di Michael Pozza
Le Direzioni Distrettuali Antimafia di Napoli e Palermo hanno dato esecuzione a due provvedimenti cautelari (rispettivamente, un decreto di fermo ed un'ordinanza di custodia cautelare) in merito a traffici internazionali scoperti dagli investigatori. In particolare, la Procura di Palermo, diretta da Francesco Lo Voi, ha proceduto al sequestro di circa 20 milioni di euro, depositati in Albania, nonché al sequestro di prevenzione per circa 30 milioni di euro (in esecuzione di decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione), recuperando i beni sottratti all'esecuzione del decreto di confisca emesso nei confronti del noto imprenditore palermitano Francesco Zummo finito ai domiciliari. Il gip ha ritenuto sussistenti gravi indizi per operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio internazionale e di fraudolento trasferimento di valori, aventi ad oggetto somme di denaro riconducibili al patrimonio di Cosa nostra formatosi negli anni '70 con il cosiddetti sacco di Palermo e il traffico internazionale di stupefacenti conosciuto come ‘Pizza Connection'. La Procura di Napoli, diretta da Giovanni Melillo, ha invece portato alla luce un'associazione criminosa dedita al riciclaggio ed al traffico internazionale di stupefacenti, svelando anche il ruolo di alcuni indagati coinvolti nelle vicende di interesse della Procura di Palermo.
Le indagini, avviate all'indomani del sequestro del giugno 2020, nel porto di Salerno, di oltre 17 tonnellate di stupefacenti hanno condotto all'individuazione di una sofisticata associazione, con basi in Albania, Italia e Svizzera, finalizzata all'importazione di grandi quantitativi di cocaina e hashish dal Sudamerica e dal Nordafrica e al riciclaggio dei relativi profitti. Le indagini della Dda di Napoli si sono svolte in collaborazione, realizzata anche attraverso l'attivazione di una squadra investigativa comune - del Ministero pubblico della Confederazione Svizzera e della polizia giudiziaria federale (Divisione criminalità economica) di Lugano. Contestualmente, anche la Procura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata di Tirana (Albania) ha proceduto all'arresto di cittadini albanesi che hanno consentito il riciclaggio dei 20 milioni di euro riconducibili a Cosa nostra sequestrati dalla Procura di Palermo.
Il socio dell’ex sindaco di Palermo ai domiciliari
Francesco Zummo, costruttore palermitano 89enne ritenuto socio del sindaco mafioso Vito Ciancimino, si trova ora ai domiciliari per riciclaggio, grazie a un appunto scoperto nella macchina di Michael Pozza, il "front man" della mafia canadese trovato ucciso nel '79 a Toronto. Successivamente, in una rogatoria effettuata nell'ambito dell'indagine "Pizza Connection", coordinata da Giovanni Falcone all'inizio degli anni Ottanta, emerse che alcuni conti correnti di Zummo erano stati utilizzati per operazioni legate al traffico di stupefacenti denominato "Pizza connection". Dopo alterne vicende giudiziarie, una condanna a 5 anni in primo grado e poi una assoluzione in appello per mafia e favoreggiamento, al costruttore furono sequestrati appartamenti, ville, auto, conti correnti bancari in Italia, Canada e nelle Isole Vergini per 200 milioni di euro. Zummo era sospettato di avere occultato parte del tesoro di Ciancimino e ha accompagnato due volte in Canada i figli dell’ex primo cittadino palermitano, assistendoli nell'acquisto di immobili. Tra beni finiti sotto sequestro anche il cosiddetto fondo Pluto: un deposito in una banca svizzera di 12 milioni. Il tribunale sezione misure di prevenzione, però, non confiscò i beni e dispose per Zummo la sola misura di prevenzione personale per 5 anni. La sentenza venne confermata in appello. Furono i giudici di Cassazione a bocciare il provvedimento e a ordinare un nuovo appello che, nel 2020, ribaltò le vecchie sentenze e confiscò il tesoro del socio di don Vito. Undici aziende, centinaia di conti correnti e immobili costituiti da numerosi appartamenti, ville terreni e aziende agricole a Palermo e provincia e cinque complessi residenziali nella provincia di Siena. "A partire dalla fine degli anni Sessanta,- scrissero i giudici - Zummo, con il consuocero Vincenzo Piazza (ritenuto fedele consigliere della famiglia mafiosa di Palermo-Uditore) e con il defunto socio e suo fedele braccio destro Francesco Civello, fu tra i principali responsabili del sacco edilizio di Palermo, ordito da Vito Ciancimino, realizzando un impero edile di circa 2.700 immobili".
L'imprenditore, nonostante fosse vicino alle famiglie mafiose della Noce prima e a quella dell'Uditore poi, ricopri' un ruolo trasversale rispetto alle vicende della guerra di mafia, che portarono vari boss ad alternarsi per conquistare un controllo egemone sulla città e la provincia. Fu prestanome e custode dei proventi del narcotraffico, oggetto dell'indagine “Pizza Connection”, riconducibili ai boss Gaetano Badalamenti e ai Gambino, a Leonardo Greco e Michelangelo Aiello e di quelli, sempre di provenienza illecita, di Fulvio Lima, nipote dell'eurodeputato DC ucciso da Cosa Nostra Salvo Lima. La protezione che Zummo poteva vantare, in cambio di tangenti ed appartamenti, a suo tempo attiro' le attenzioni investigative dell'allora giudice Istruttore Giovanni Falcone, poi confermate dalle rivelazioni di numerosi collaboratori di giustizia e dal testimone Massimo Ciancimino, figlio di don Vito. Quando la Corte d'Appello di Palermo, nel 2020, ribaltando i precedenti verdetti, confiscò il patrimonio del costruttore, mise nero su bianco che il patrimonio accumulato era il risultato dell'esercizio di una "vera e propria impresa mafiosa".